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L'acquario

I Romani allevavano murene, anguille ed altri pesci per scopi alimentari, in grandi ambienti artificiali o vasche, come anche altre civiltà tra Fenici, Etruschi, Cinesi. Nell’Europa medioevale si continuavano ad mantenere carpe a disposizione e tutti conosciamo le più celebri dei giardini giapponesi, le carpe Koi dai colori pittorici così simboliche e che hanno un mercato in Giappone paragonabili ai cani di razza (solo che i cani vivono molto meno...).

Pian piano come capita spesso nella storia dell'uomo si è unito l'utile al dilettevole (tutti da bambini siamo rimasti affascinati da fontane popolate da pesci più o meno colorati ma anche terere l'acqua sempre in movimento e libera dalle zanzare era importante) e la presenza di alcuni animali sempre più spinta al di là degli usi alimentari si è fatta strada. E' successo che una volta erano mantenuti per la loro utilità (cane, gatto, conigli ecc...) e poi sono stati promossi a piacevoli compagnie e destinatari di affetto. Una nobile e bella pagina su tutto ciò e sull'acquario casalingo la scrive Konrad Lorenz (fondatore della moderna etologia scientifica) che ha descritto proprio un piccolo ambiente acquatico creato con intenti scientifici. Lo scienziato, prima di trascinarci via con parole di passione apre il capitolo con  “una cosa che non fa danni, l’acquario”. Ora, chi ha avuto esperienze sfortunate, per qualche errore o incidente avrà da ridire, ma in generale è così, se i danni ci sono, rimangono normalmente confinati in una vasca di vetro. Lorenz, da grande etologo ed amante della natura, voleva l'acquario come porzione di autentico mondo vivente, piccolo stagno da osservare tanto utile quanto meno artefatto e di questo ne parla in modo distinto, dando valore scientifico utile ad un acquario che fosse un piccolo ecosistema il più possibile autonomo, capace di un equilibrio proprio, il che includeva anche la quasi totale rinuncia all'intervento correttivo. Paragona ad una stalla, per tanto, un ambiente artificiale reso ancora più artificiale da interventi continui di mantenimento per permettere la forzata sopravvivenza dei pesci, per esempio. Detto tra noi, l'aquario marino è ciò di più difficile e complesso, quanto forzato, in quanto a mantenimento. I criteri che guidano chi ha un acquario però sono anche estetici, inutile negarlo e la cosa complica spesso la sostenibilità della vasca che diventa più o meno impegnativa ma, impegnativa, in una certa misura lo é sempre. Nessuno, è da dire, si metterebbe in casa una vasca di dafnie e ditiscus. Perdente è la gara, almeno all'inizio, per creaturine dall'indubbio interesse biologico ma impossibilitate a tenere testa all'attrazione che suscitano colorati pesci tropicali divisi tra le tante specie da scegliere. Eppure, i concetti che Lorenz esprime, fanno parte del bagaglio essenziale dell'acquariofilo. L'osservazione dell'ambiente in vasca pur se l'ambiente è frutto di scelte nostre è necessaria e, oltre alla mera annotazione degli eventi, possiamo appassionarci a tale attività e mettere i nostri (larghissimi) panni di scienziati, a volte etologi, biologi, chimici, botanici, fisici. In piccole dosi ed in base a quanto vorremo approfondire, ci sarà sempre da stupirsi.

Anzi se vogliamo, proprio perché operiamo delle scelte e pilotiamo un po' gli avvenimenti con interventi esterni, saremo portati ad osservarne le conseguenze. Potremo esercitare il nostro controllo s'un piccolo universo ma allo stesso tempo sentirne la responsabilità e assicuro che in genere la si sente, con risvolti comici, a volte, se osservati dall'esterno. In certe fasi renderemo più naturali certi aspetti della vasca partendo da elementi non apprezzabili alla vista fino a cambiamenti che influenzano l'estetica involontariamente, in un modo di procedere che non avremmo mai pensato inizialmente e con qualche sorpresa. poichè anche se parziale, sempre di natura si tratta.

Una piccola riflessione interessante va fatta, buona per chi interessa intraprendere la strada di cui parliamo: se è vero che un cane ci dà molto in termini di scambio emotivo e un pesce decisamente meno, è vero anche che condizioneremo e deformeremo il comportamento normale di un cane ma quasi per nulla quello di un pesce. Spiegandosi meglio, avremo, probabilmente più genuinità, integrità etologica, in un animale semplice e con limitato scambio con l’uomo che con un animale complesso e influenzabile.

Se vogliamo un pezzo di natura infatti, l’acquario ci darà la possibilità di andarci vicino, grosso modo più di ogni altra presenza, rispetto ai più famosi animali domestici, estremamente domestici. Quì dobbiamo avere chiaro che questo è il fine e non, evidentemente altro. Cioè, non insegnerai mai a dare la zampa a un Tricogaster (sarebbe preoccupante) ma nemmeno ci si deve lontanamente illudere che l'acquario sia un soprammobile dove nuotano gingilli, prendiamo coscienza della cosa.